lunedì 28 aprile 2014

risposte all'unico lettore, per giunta anonimo

ora io non so dove ho sbagliato
in quali tasti mi sono persa
le impostazioni che ho perduto
quelle che non ho salvato

ho cercato
ho ricercato
ho fatto una giravolta e l'ho rifatta un'altra volta

nulla
nessun senso

non sono più capace di scrivere i commenti sul mio stesso blog

credevo di averne la facoltà, ma l'ho perduta

così

all'unica/o "affezionata/o" lettore anonimo
(perchè evidentemente si vergogna di far sapere in giro che mi legge, ma mi ha commosso lo stesso e pertanto non mancherò mai  di replicarle/gli)

io rispondo qui
e di un commentino ci faccio un post :



bu, come l'abbreviazione di Bubu, l'amico dell'orso Yoghi?
Jellystone forever!!!



questo a sottolineare che, ebbene sì, apprezzo il nonsense di un "bu" come commento.


Buona serata in attesa di capire perchè il mio blog mi rifiuta.

domenica 20 aprile 2014

Montale è blu, il mio colore preferito


Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t’attende dalla sera
in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.

Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto: 
la bussola va impazzita all’avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s’addipana.


Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell’oscurità.


Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende
rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? (Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende ...)
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.


martedì 15 aprile 2014

ossessioni e figurine

  1. ridere di se stessi 
    lasciarsi trasportare dal vento
    granello di sabbia nel deserto
    lacrime nella pioggia
    gocce del mare

    aprire gli occhi sul mondo
    la sua essenza è la tua
  2.                non vedere più paura
  3.                riflessa
  4.                negli occhi della tigre che ti guarda silenziosa
  5.                le parli senza parole
  6.               la ascolti senza che ruggisca
  7.                










ossessioni

privacy

solo che a forza di difendere la privacy
si cade nell'ossessione n.2

solitudine
 la subisci
 la difendi
 la cerchi

non parlare di te
ti potrebbero riconoscere

impossibile
ma  il tarlo  rode  rode

non si sbaglia
non si vive

giovedì 3 aprile 2014

Lui

Lui. Tredici anni o poco più. Vestiti di altri, per taglia, per odore. Nessuno glieli lava mai. Li prende direttamente dai sacchi neri della carità che qualcuno porta a casa ogni tanto. La sua mamma bellissima è troppo presa dal nuovo fidanzato, poco più di un ragazzo anche lui.
 Lui ha un sorriso perfetto senza dentista, ingenuo, infantile.  Occhi buoni che ne vedono tante senza lasciarsi sporcare. Lui ha sempre fame. Si addormenta sognando lasagne che ha assaggiato non ricorda nemmeno più dove. Quanto gli erano piaciute. Chissà come si fanno. Se avesse qualche soldo le andrebbe a comprare.
Alla mattina si fionda a scuola. Racimola qualche cosa tra i compagni e i prof che gli allungano la merenda. Ma Lui diventa sempre più alto e ha sempre più fame. E per non sentire la fame corre e si muove, ride e scherza in un modo che è sempre più soltanto suo. Poi si siede, appoggia la testa sul palmo della mano e quasi si addormenta di colpo, per strada, a scuola ovunque si trovi. Gli basta poco per ricaricare le pile anche senza carburante. Poi riprende la sua vita da monello.
Il suo patrigno gli ha spiegato che può prendere quello che gli serve anche senza pagare. Lui non è molto convinto, ma un giorno camminando per il paese si ritrova davanti a un muro. Da quel muro pende un ramo. Dal ramo pende un frutto succoso. Solo a  vederlo la bocca gli si riempie di saliva.

martedì 1 aprile 2014

Lei

Lei.
Vive in una casa che da ogni finestra si vede il mare.
Ha sposato l'amore dei suoi quindici anni, quello che la guardava nascosto dietro le dita delle mani aperte dal banco della fila dietro.
Quando scende i gradini lascia scivolare i polpastrelli sui muri di pietra, pensando che se inciampasse potrebbe sorreggersi agevolmente. Non teme la scabrosità di quel muro antico.
Non inciampa mai
mentre solleva ceste colme di limoni o di mazzi basilico.
A volte perde tempo nei pomeriggi afosi a seguire con i suoi passi scie di profumi per i sentieri sui monti. A volte è origano, a volte sono ciuffi nascosti di borragine.
La sua testa è libera e leggera, i suoi pensieri sonnecchiano e lei segue solo i suoi sensi resi più acuti dal frinire delle cicale tra le foglie.
Ama il frinire delle cicale, le spie degli dei che raccontano loro le parole che gli uomini si scambiano mentre riposano all'ombra di qualche olivo nelle ore calde del giorno,
ma per quello che le riguarda, ride di quelle leggende vecchie e stanche.
Lei sa che le cicale non ascoltano nulla, loro vivono e basta. Passano le loro generazioni indifferenti a quegli esseri miseri che sono gli umani. E poi è lei che ascolta loro.
Lei che si lascia intorpidire, ipnotizzare da quel canto meraviglioso e potente sempre uguale e sempre diverso, un canto che si disperde nel verde delle fronde e amplifica all'infinito gli spazi  con impercettibili echi.
Lei è selvatica, preferisce la compagnia delle pietre.
Le manca tuttavia di ascoltare una parola umana buona. Sono così rare le parole umane buone.
Preferire le pietre e sentire la mancanza di una parola: questo è il suo paradosso.
In fondo tutte le persone ne hanno uno.